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Vivere bene la scuola… a casa

La scuola è la cosa più importante nella vita di un ragazzo?

Cara Mamma/Caro papà,

La mia risposta è No. Non si impara tutto a scuola. Nel programma ministeriale non c’è ad esempio come obiettivo lo sviluppo della creatività, il problem solving, la capacità di rialzarsi dopo una caduta o la capacità di prendere decisioni. Eppure la vita prima o poi ci mette di fronte a situazioni in cui queste abilità sono richieste. Adulti che oggi svolgono un lavoro dignitoso o prestigioso e conducono una vita soddisfacente possono aver vissuto gli anni di scuola in maniera non proprio esemplare. Studenti impeccabili a scuola possono trovarsi d’improvviso impacciati o arenarsi nelle relazioni, nel mondo del lavoro di fronte alle prime difficoltà.

D’altra parte, cari ragazzi, vi devo anche dire che non ho mai incontrato un giovane soddisfatto e felice dopo una bocciatura o un ritiro scolastico. Non è certo la fine del mondo, ma talvolta dietro ad alcune difficoltà scolastiche si celano disagi o malesseri personali che sarebbe meglio non lasciar protrarre.

La scuola è una palestra di vita, in cui si possono allenare e si potenziano tutta una serie di abilità:
  • saper ascoltare
  • comprendere e rielaborare personalmente
  • sintetizzare
  • parlare in pubblico
  • entrare in relazione con gli altri
  • vincere le proprie paure
  • scoprire i propri talenti e i propri limiti
  • avere fiducia in se stessi
  • collaborare
  • esercitare l’autonomia
  • acquisire il senso di responsabilità
  • raggiungere traguardi
  • confrontarsi con gli altri
  • misurarsi con se stessi
  • sviluppare l’autodisciplina
  • sognare (non solo a occhi aperti durante le lezioni)
  • e molto altro ancora…

Se queste sono le abilità potenzialmente acquisibili, tuttavia il percorso evolutivo di una giovane persona non è lineare e l’ambiente stesso della scuola non è sempre in grado di creare le condizioni ottimali per favorire lo sviluppo armonioso di tutte le dimensioni dell’individuo, nè l’acquisizione delle succitate abilità.

E’ importante compensare, rinforzare o far germogliare quelle risorse che nei ragazzi sono rimaste inutilizzate o ancora sconosciute. Il mio lavoro di pedagogista coach con i ragazzi è in genere volto non soltanto a fornire l’insieme di conoscenze, tecniche e strategie essenziali per affrontare i compiti scolastici, ma anche a promuovere un senso di responsabilità, sicurezza personale, autostima e autonomia grazie all’alternanza fra metodologia di gruppo e individualizzata.

Pensa quando uno studente ce l’ha a morte con un insegnante o pensa di essere preso di mira da questi. Quale sarà il suo rendimento, il suo stato d’animo e il suo profitto, al di là delle sue reali capacità? Ecco perchè è importante, anzi fondamentale, considerare sempre tutta la persona e non soltanto il discente, cioè,  l’individuo che apprende.

Per questo anche nei nostri percorsi non diciamo che insegnamo il metodo, ma attraverso la proposta di modelli, l’esercizio, il confronto in gruppo, la supervisione dei coach, offrono ai ragazzi l’opportunità di sperimentarsi e di sviluppare responsabilmente le abilità personali. Sottolineiamo responsabilmente: qualsiasi buon consiglio, tecnica, soluzione presuppone l’impegno dell’interessato. Proseguendo la metafora del coach-carrozza (dall’inglese), il coach non si sostituisce nel viaggio verso il traguardo desiderato, il coach accompagna.

Sono appassionato del mio lavoro e gioisco ogni volta che un ragazzo, i suoi familiari, fanno un passo verso la maggiore serenità. Non sopporto l’idea che la scuola debba diventare l’unico, opprimente argomento. In tal caso le conversazioni si trasformino in continue discussioni. Penso sia già di per sè difficile convivere con gli adolescenti che cambiano.

Da quanto ho potuto osservare in questi anni a contatto con le famiglie e da quanto i genitori stessi mi riferiscono, voglio condividere alcuni stimoli-suggerimento:

  • Superare il timore/convinzione che se il figlio è in un modo oggi, sarà così per sempre. Avere fiducia che in lui c’è potenziale, sempre. In che modo possiamo stimolarlo verso l’autoderminazione?
  • Introdurre nella comunicazione familiare una “dieta tematica” varia  composta non solo di argomento scuola: il valore di una persona non è tutto lì, c’è il pericolo di considerare solo ciò che non va bene della giovane persona.
  • Guardare alle situazioni-problema da più punti di vista: considera che il tuo non è necessariamente sempre l’unico e il migliore.
  • Quanto più possibile, delegaRE a un non-famigliare la gestione degli apprendimenti di tuo figlio: il genitore precettore di solito non è un maestro apprezzato e diventa un genitore frustrato.
  • Riconoscere i piccoli, piccolissimi miglioramenti che avvengono, non solo in ambito scolastico perchè un giovane fa presto a scoraggiarsi.
  • Non sostitursi o proteggere, ma lasciare sperimentare le conseguenze delle proprie azioni, pur sostenendo e facendosi vicini nella difficoltà vissuta.
  • Se vuoi favorire il cambiamento, usa più spesso le domande aperte non tendenziose e meno uno stile diretto o impositivo.

Spero di esserti stato d’aiuto, in ogni caso puoi sempre contattarmi.

Buona mission!

Coach Stefano

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