A cura della dott.ssa Irene Rilievo, educatrice professionale socio-pedagogica
Educare, come fare scuola, in natura risponde alle domande naturali dei bambini e dei ragazzi, ribalta le convenzioni, invita al cambiamento, chiedendo all’adulto di mettere a disposizione strumenti capaci di sostenere e focalizzare gli sguardi, in modo da tenere alti il livello osservativo, la curiosità, l’abitudine ad interrogarsi. Allora, senza che glielo si chieda, bambini e ragazzi […] aprono i loro quaderni, sfoderano le loro matite e coltivano naturalmente la propria sete di conoscenza.
Adulti “colti di natura”, dentro e fuori i servizi educativi e le scuole, hanno bisogno di moltiplicare il proprio sguardo, di cogliere la complessità che la natura svela, di accompagnare con competenza questo incontro, perché possa dipanarsi in tutta la sua ricchezza. (Guerra, 2018, p. 15)
Educare in natura porta non solo ad acquisire un diverso tipo di sensibilità e un nuovo modo di guardare alle opportunità offerte dal contesto esterno, ma anche ad assumere una diversa postura nei confronti dei bambini e delle bambine che si ha di fronte.
Al centro, infatti, non vi è più una visione del fare educazione basata sul punto di vista dell’adulto, ma vengono posti gli interessi e i bisogni di bambini e bambine, che vengono valorizzati e accolti dall’adulto. La curiosità, le scoperte, le inclinazioni dello specifico gruppo, infatti, orientano le attività, talvolta verso direzioni inedite, ma in ogni caso sempre uniche e autentiche. L’educatore attento coglie i loro interessi e li valorizza, li rilancia e li conduce con delicatezza e rispetto verso la costruzione di una conoscenza condivisa, alimentata dal contributo di ognuno.
Si tratta quindi di dare un’importanza centrale al concetto di competenza (Schenetti, 2014), accogliendo gli interessi del gruppo e riconoscendo così a bambini e bambine la possibilità e capacità di rendersi protagonisti attivi del proprio processo di conoscenza e di apprendimento.
Essi, infatti, sono in grado di farsi carico della propria educazione e, coinvolgendoli nell’identificazione dei propri obiettivi e dei processi da attuare per raggiungerli, saranno più motivati ad attivarsi in prima persona nella risoluzione di problemi, nella produzione di inferenze e ipotesi, nella sperimentazione delle proprie teorie.
Ciò non significa mettere in secondo piano il ruolo dell’adulto, anzi egli è chiamato ad un maggiore sforzo di osservazione e ascolto.
Mettere al centro il concetto di competenza significa riconoscere che sia adulti che bambini sono portatori di competenze, diverse in base alle inclinazioni personali, alle caratteristiche individuali e all’età, ma tutte legittime e dotate di un valore intrinseco. Viene così a crearsi un equilibrio tra il mondo del bambino e quello dell’adulto, interdipendenti, fatto di rimandi e connessioni.
In questo senso, l’educazione in natura assume una connotazione profondamente democratica, in cui i bambini e le bambine partecipano attivamente sia nella costruzione della conoscenza, sia nella definizione delle modalità e dei sentieri da intraprendere per raggiungerla.
Viene, in questo modo, a costituirsi una sorta di “piccola comunità scientifica”, capace di formulare domande e di ricercare delle risposte attraverso, in primo luogo, l’esperienza diretta e, successivamente, attraverso la costruzione di inferenze e ipotesi, da discutere e negoziare all’interno del gruppo.
L’esperienza in natura, inoltre, può essere estremamente inclusiva e valorizzante. Ognuno, infatti, fa esperienza del contesto esterno in modo diverso e unico, in base alle proprie caratteristiche, alla propria sensibilità e ai propri vissuti passati. Non c’è un modo giusto o un modo sbagliato di stare in natura: ogni esperienza ha un suo valore ed ogni esperienza è legittima.
In questo senso ogni bambino può sentirsi libero di vivere l’esterno nel modo che più rispecchia le proprie inclinazioni e tale diversità di approcci diventa estremamente arricchente e stimolante per tutto il gruppo, che può giovare di differenti modalità di vedere, osservare e sentire. La condivisione di esperienze, quindi, non solo permette ai bambini di arricchire il proprio bagaglio, ma porta anche alla consapevolezza che ognuno di noi è diverso e che questa diversità non è fonte di discriminazione, ma di ricchezza.
La natura è un bene comune e in quanto tale è accessibile e fruibile da ognuno, che sia un parco, un bosco, un campo o un tramonto incantevole, il canto di un uccello, il fruscio del vento tra le foglie. Valorizzare l’esperienza in natura significa, quindi, dare ai bambini e alle bambine la possibilità di esprimere liberamente le proprie inclinazioni e di attivarsi in prima persona nel processo della propria crescita, ma anche riconoscere e legittimare le diversità e la ricchezza che ne derivano, maturando così il rispetto, l’accoglienza e l’accettazione di tutte le sfaccettature che l’esperienza assume.